Con la Fase 2 finalmente si inizia a respirare un po’.
Oltre due mesi passati chiusi in casa sono stati pesanti e poter recuperare parte della tua vita, rimasta interrotta i primi di marzo, è una cosa positiva dal punto di vista psicofisico.
Puoi camminare all’aria aperta, tornare a lavorare o praticare un’attività nel tempo libero, tutte cose vitali, precluse dall’isolamento in quarantena, che stai lentamente riscoprendo nella loro importanza e bellezza.
È arrivato il momento di ripartire insomma, e ne comprendo la voglia, la spinta, l’entusiasmo, ma per farlo nella maniera più corretta potrebbe esserti utile non procedere a strappi.
Ad esempio desiderare di cancellare quanto è successo e ricominciare la vita come prima, pur essendo un’aspettativa comprensibile, potrebbe non esserti d’aiuto, anche perché il futuro resta incerto.
In verità questo potrebbe essere il momento di provare a comprendere meglio, di accogliere e integrare nella tua vita gli eventi in modo da rendere la tua “timeline” omogenea ed equilibrata.
Hai infatti passato un tempo considerevole in cui sei stato/a obbligato/a a trovare modi per far fronte all’emergenza, adattarti a una situazione che ha portato alla perdita di tantissime cose delle tua quotidianità prima davi per scontate.
Proprio partendo dal concetto di perdita vorrei parlarti di una chiave di lettura che potrebbe esserti utile.
Cose andate perse
Una perdita in psicologia ha un senso ampio e non è solo riferibile al lutto per la morte di una persona.
Ce lo spiega bene Galimberti, per il quale è: “uno stato psicologico dovuto alla perdita di un oggetto significativo, che ha fatto parte integrante dell’esistenza…”
Sempre Galimberti definisce l’oggetto come:
- esterno: una persona, un luogo
- interno: chiusura di una prospettiva, un fallimento, la perdita dell’immagine sociale e simili.
Quindi un lutto non è per forza legato alla morte di una persona, è una perdita più generica e può essere un concetto utile per spiegare quello che sta succedendo e ad elaborarlo.
Come mai?
Prova a pensare a tutte le cose della tua quotidianità che al momento non ci sono, perché con la quarantena sono state vietate e ancora oggi non è possibile fare. Tutte le cose scontate che sono diventate impossibili, sono andate perse.
La lista potrebbe essere enorme se ci pensi bene.
Elisabeth Kübler Ross ci ha spiegato che l’elaborazione di una perdita avviene passando per 5 fasi:
- negazione/rifiuto
- rabbia
- contrattazione/patteggiamento
- depressione
- accettazione
Perché leggere la situazione in un’ottica di perdita oggi può essere utile?
Perché in un momento in cui abbiamo perso molti punti di riferimento può aiutarci a capire dove siamo.
Un paio di esempi:
Stai negando?
Forse sì se i pensieri sono che il 1 giugno tutto tornerà come prima e questo brutto periodo verrà cancellato.
O se pensi che in fondo questo virus non ti farà niente. Nei confronti del coronavirus c’è tanta sfrontatezza e quindi tanta negazione.
Sei arrabbiato/a?
Forse sì se hai bisogno di far ricadere la colpa su qualcun altro o sulla situazione in generale.
Credo che questi esempi siano sufficienti dato in grandi linee siamo tutti collocati in queste fasi.
Ora.
Se quello è il percorso di elaborazione di una perdita come si può proseguire e quindi favorire il passaggio alle fasi successive?
-
- Raccontando, narrando questa storia: raccontare aiuta a prendere consapevolezza delle emozioni, le lascia emergere. Puoi farlo a parole o per iscritto. Inserisci questa pratica nella tua quotidianità e lascia che le emozioni emergano e fluiscano.
- Credi nel gruppo, è importante: nonostante la distanza è possibile oggi non perdere il contatto con i propri gruppi sociali, le proprie amicizie, i propri affetti.
Far parte di un gruppo in cui senti di poterti esprimere aiuta perché:
– Ci si rispecchia negli altri, ossia si creano punti di riferimento reali, concreti, affidabili.
– Si può raccontare e quindi dare voce alle emozioni, ai propri stati d’animo.
– Si condivide, che è utile per capire che non sei solo a vivere così questa situazione.
Pensando al gruppo ovviamente faccio riferimento a situazioni costruttive, in cui c’è un clima compassionevole di condivisione. Riunirsi in gruppo per dare sfogo alla rabbia, o peggio, non favorisce l’elaborazione e fa restare ancorati alle prime due fasi: negazione e rabbia. - Relativizzare, normalizzare: renditi conto che la difficoltà (pandemia) ha colpito tutti indistintamente, compresi altri paesi oltre l’Italia. È normale essere in difficoltà in una situazione di questa portata.
Esci dalla logica vittimista per cui sei l’unico/a che ha subito una perdita significativa perché siamo tutti in questa difficoltà.
Trovare un colpevole, un capro espiatorio (governo, complotti, interessi economici), non ti aiuterà a migliorare la situazione.
Partire da quello che abbiamo trovato per migliorare le cose
Per migliorare davvero le cose, quantomeno a livello psicologico, sai cosa possiamo fare?
Possiamo provare a spostare l’attenzione da ciò che manca, ciò che non c’è, ciò che abbiamo perso, a quello che questo periodo ci ha donato (tempo per te, più tempo per la famiglia, possibilità di capire cosa conta davvero nella vita, quali siano le priorità).
Perché fare questo passaggio può aiutare?
Perché se focalizziamo l’attenzione su quello che manca nella nostra vita, invece che su ciò che c’è di buono, facciamo lavorare male il nostro cervello e lo nutriamo di negatività.
Se invece iniziamo a notare tutto quello che abbiamo, stiamo attivando un potente strumento di felicità: la presenza.
Essere presenti è ciò che ci fa apprezzare quanta bellezza e abbondanza abbiamo fra le mani.
Non commettiamo l’errore di farla scorrere via come sabbia al vento, chiudiamo i pugni, teniamoci stretto ciò che abbiamo come un tesoro prezioso e proviamo a praticare la gratitudine.
Dott. Luca Giulivi
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